Pensieri liberi

Ai movimenti progressisti oggi la parola libertà fa spesso un po’ di paura, perché la si accosta a torto a liberismo o liberalismo. Fin dalle loro origini, agli inizi dell’era industriale, i movimenti politici e sociali per l’emancipazione delle categorie più sfavorite (a quei tempi la classe operaia) chiedevano invece a gran voce più libertà: libertà d’associazione, libertà d’espressione, libertà da condizioni di lavoro mostruose che costringevano milioni di persone a sopravvivere invece che vivere, eccetera.

Oggi alcune libertà sono acquisite, per lo meno nel mondo occidentale, e tendiamo spesso a dimenticarci il loro grande valore: in questo mondo consumista banalizziamo valori importanti, per i quali la gente muore ancora in altre parti del mondo.  Nel dibattito politico, oggi spesso l’unico concetto di libertà di cui si parla è la libertà economica, che per alcuni significa solo la libertà di fare soldi passando sopra tutto e tutti.

A volte vari aspetti della libertà sono in conflitto tra di loro: che libertà rimane per esempio ad un dipendente che è sottopagato a causa dell’ eccessiva libertà economica di chi lo impiega? Che libertà d’espressione rimane se le risorse finanziarie limitate impediscono di pubblicare le proprie opinioni, o qualcuno ci minaccia di ritorsioni o di screditarci solo in virtù di un’idea diversa?

Quindi ben venga, forte e chiara, la parola libertà per un movimento dell’area progressista, perché è un valore assoluto, irrinunciabile, che trova il suo giusto equilibrio quando tutti ne possono godere equamente e non accade che la libertà di alcuni schiaccia quella di altri.

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